martedì 14 ottobre 2014

CASAPESENNA. MINACCIARONO L'EX SINDACO GIANNI ZARA. COMINCIA IL PROCESSO. IL BOSS MICHELE ZAGARIA ANNUNCIA DICHIARAZIONI SPONTANEE

Fortunato Zagaria
Si è conclusa  poco dopo mezzogiorno la prima udienza del processo  a carico di  Fortunato Zagaria, l’ex sindaco di Casapesenna e del consigliere comunale dello stesso Comune, Luigi Amato. Sono entrambi accusati, insieme al boss Michele Zagaria, di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti dell'ex sindaco Giovanni Zara. I fatti risalgono al 2008, quando l’allora sindaco Zara  fu consigliato di non partecipare ad iniziative pubbliche contro la camorra. La cosa non era gradita al capoclan Michele Zagaria, arrestato in un covo a cinque metri sotto terra il 7 dicembre del 2011. 

Secondo l‘accusa, Fortunato Zagaria e Luigi Amato, erano latori di un messaggio del boss che lo invitata anche a “non rendere pubbliche dichiarazioni o interviste ai giornali di elogio o solidarietà alle forze dell'ordine in occasione di arresti di latitanti". Contro Fortunato Zagaria ci sono anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. In particolare quelle di Roberto Vargas il quale  sostiene che sarebbe stato "un pupazzo" nella mani del boss”. Nel corso delle varie udienze saranno ascoltati anche  Antonio Iovine, ex boss del clan, e alcuni fedelissimi di Zagaria, come Attilio Pellegrino e Massimiliano Di Caterino. 


Gianni Zara
La seconda sezione, collegio C, del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da  Maria Chiara Francica, ha ammesso in aula le telecamera della Rai, per la ripresa delle  udienze del processo, anche se il boss Michele Zagaria, collegato in videoconferenza dal Carcere di Opera di Miliano,  ha chiesto invece di non essere ripreso. Michele Zagaria ha anche dichiarato “per quanto mi riguarda questo processo non sta né in cielo, né in terra”, annunciando di voler fare dichiarazioni spontanee nel corso delle successive udienze. C’è stata anche la costituzione di parte Civile del Comune di Casapesenna, attraverso il legale   Vincenzo Cirillo. Cosa che la neo amministrazione comunale, presieduta dal Sindaco Marcello De Rosa, nei mesi scorsi non aveva dato affatto per scontato.  Evidentemente le sollecitazioni pubbliche e le critiche, arrivate da più parti, hanno sortito il loro effetto. Le altre parti civili ammesse, oltre a Giovanni Zara in qualità di parte offesa, sono la Fai (Federazione Italiana Antiracket) e il “Comitato don Peppe Diana”. Il processo è stato rinviato all’11 novembre prossimo.

martedì 30 settembre 2014

"POTERI INVISIBILI" IL LIBRO DI DON MARCELLO COZZI, SVELA IL COMPLOTTO CONTRO DE MAGISTRIS

"La condanna di questi giorni contro Luigi De Magistris, fa parte di un complotto che viene da lontano”.  Ne è convinto don Marcello Cozzi, vice presidente nazionale dell’associazione Libera e autore del libro “Poteri Invisibili. Viaggio in Basilicata, tra affari, mafie, omicidi e verità sepolte” (Melampo editore), presentato alla Feltrinelli di Caserta. Il volume, in distribuzione dal mese di giugno, racconta storie di una delle regioni più povere d’Italia, in cui sono coinvolti politici, istituzioni, massoneria, mafia e magistrati. Storie che si intrecciano con casi di cronaca molti noti, come quello di Elisa Claps e dei “fidanzati di Policoro” “Storie coperte da una struttura molto ben oleata che entra in campo quando si tratta di coprire fatti imbarazzanti per la borghesia locale”. Struttura che vede coinvolti il potere a tutti i livelli, compresi molti magistrati, esponenti delle forze dell’ordine,  politici, mafiosi, preti  e massoni, molti dei quali finiti nelle inchieste di De Magistris (“Poseidone” – “Toghe lucane” e “Why Not”).


 “Ed è proprio nell’inchiesta “Poseidone”, condotta da De Magistris  che c’è prova di questo complotto” dice don Marcello Cozzi.  “De Magistris ha avuto il merito di  vedere lontano. Magari  alcuni comportamenti delle persone coinvolte non sono penalmente rilevanti, ma lo scenario che viene fuori da questa struttura di potere che si muove nell’ombra, è inquietante” – afferma il vice presidente di Libera – prova ne sono le parole dell’ex presidente della Regione Calabria, Chiaravalloti che  al telefono con la sua segretaria, Giovanna Raffaelli, dopo una serie di perquisizioni predisposte da De Magistris, dice parole che alla luce di quello che è accaduto in questi giorni sono davvero preoccupanti”.

“Al telefono è incontenibile, scatenato – scrive don Cozzi nel libro – A De Magistris non lo chiama mai per nome, lo definisce “poverino”, “pagliaccio”; “questa gliela faremo pagare”. Vedrai, passerà gli anni suoi a difendersi”. Ma “le minacce” di Chiaravalloti non sono finite. “Qualche giorno dopo – scrive ancora Don Marcello Cozzi nel suo libro -  sempre con la segretaria che cerca di placarlo, è ancora più duro: “lo dobbiamo ammazzare… no, gli facciamo le cause civili per il risarcimento danni e ne affidiamo la gestione alla camorra napoletana”. La raffaelli è imbarazzata, teme di essere intercettata e cerca di frenarlo: “ma non dirlo neanche per scherzo, per carità di Dio! Mettiti nei panni di chi è costretto ad ascoltarci…” “poverino”, ribatte Chiaravalloti, “è bene che sappia queste cose, la cosa bella è che abbiamo detto tutto alla luce del sole… saprà con chi ha a che fare, mi auguro che qualcuno ascolti e glielo vada a riferire…” infine, confondendo Archimede con Newton: “c’è quel principio… quella sorta di Archimede… che ad ogni azione corrisponde una reazione… e mo’ siamo così tanti ad aver subito l’azione, che, quando esploderà, la reazione sarà adeguata”. “La struttura che si muove nell’ombra – afferma don Cozzi – continua ad operare con l’obiettivo di spazzare tutti gli ostacoli che incontra sul proprio cammino”.

lunedì 19 maggio 2014

CONDANNATO A DICIOTTO MESI SINDACO DI SANT'ARPINO, EUGENIO DI SANTO. AVEVA CHIESTO A IMPRENDITORE UN BRACCIALETTO CON DIAMANTI

Eugenio Di Santo
Un anno e sei mesi. Questa la condanna comminata stamani ad Eugenio Di Santo, sindaco di Sant’Arpino, da parte del tribunale di Napoli Nord. Di Santo, che è agli arresti domiciliari dal 21 dicembre scorso, ha chiesto tramite i suoi avvocati  Giuseppe Stellato e Raffaele Costanzo, di poter essere giudicato con il rito abbreviato. Il collegio presieduto dal giudice Alberto Maria Picardi, ha accolto la richiesta di patteggiamento. Richiesta a cui non si è opposto il Pm, Simone Roxas.

La vicenda che ha portato agli arresti il primo cittadino di Sant’Arpino è cominciata ad ottobre 2013, dopo  che la  società “Marty srl” di Lusciano si è aggiudicata la gara per il servizio mensa nelle scuole d’infanzia del Comune, per un importo di 170mila euro. Il sindaco, Eugenio Di Santo, siamo alla fine di ottobre, contatta il titolare della ditta con il pretesto di risolvere il problema di alcuni bambini affetti da celiachia. 

In realtà il primo cittadino chiede a Mottola di poter avere in regalo un braccialetto del tipo tennis corredato da diamanti. Un regalo del valore di circa tremila euro. Il sindaco, in alternativa, chiede di poter avere la somma  in denaro direttamente nelle proprie mani. Sostiene di doverne fare un regalo ad un fantomatico giudice.  L’imprenditore prende tempo. Ma  il sindaco di Sant’Arpino insiste. Così il primo novembre il titolare della “Marty srl”, si reca dai carabinieri di Lusciano e denuncia tutto. E non è la prima volta che Mottola si rivolge ai carabinieri per difendersi da richieste estorsive. Da quel momento in poi vengono disposte le intercettazioni nei confronti del  sindaco.

E quello che viene registrato dai carabinieri è inequivocabile. “Devi lavorare in prospettiva, in prospettiva per la gara dell’anno prossimo” dice il primo cittadino all’imprenditore. “Io ti dissi massimo due, due e cinque – insiste il sindaco – ma tu li puoi dare pure a me e glielo vado a prendere io, cioè se tu hai problemi su come devi fare e chi li deve prendere”. “In contanti” risponde l’imprenditore. “eh, eh vedo io di prendergli una cosa intorno a questi due e cinque – specifica ulteriormente il sindaco – cioè risparmi, non è che, io non ti voglio far spendere quattro cinquemila euro, figurati un poco”.

Nell’udienza di stamani Di Santo si è dichiarato colpevole del reato di cui era accusato, vale a dire la tentata induzione indebita a dare o promettere utilità. Di Santo, che attualmente è sospeso dalla carica di Sindaco, ha avuto la pena sospesa, ma a condizione che vengano pagati i danni morali, all'imprenditore Francesco Mottola, che lo ha denunciato, ed al Comune di Sant'Arpino. Danni quantificati in 2.500,00 euro ciascuno e che devono essere pagati entro 30 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. 

mercoledì 30 aprile 2014

"E' UN MASCHIO" FORZA ITALIA CERCA DI CONTESTARE LA SUA CANDIDATURA - MA LEI, LAURA MATRONE, 42 ANNI, CANDIDATA COL PD DI CASTEL VOLTURNO, E' DONNA DAL 2002

LAURA MATRONE
“L’hanno informato male. Sono una donna a tutti gli effetti dal 2002”. Laura Matrone, 42 anni, candidata alle amministrative nel Pd di Castel Volturno, a sostegno del candidato sindaco Dimitri Russo, sorride quando viene a sapere delle contestazioni sollevate da Cesare Diana, candidato sindaco di Forza Italia, che la considera ancora un uomo, nonostante sia stata sposata civilmente. “Volevano tentare di far ricusare la lista per  mancanza di quote femminili  - spiega Laura – poi si sono accorti in tempo dell’errore e hanno desistito”. Operatrice per una cooperativa sociale, ma artista da sempre, Laura accetta di parlare mentre sta provando uno spettacolo in un locale, “la Napoli popolare”,  di Castel Volturno, gestito da due suoi amici, Toni e Rosario, che convivono da un bel po’. 

Laura si racconta: “Sono originaria di Napoli, ma vivo a Castel Volturno da quando avevo 14 anni. Nel 2002 mi sono operata e ho cambiato i connotati all’anagrafe. Ho fatto il primo intervento per cambiare sesso a Napoli tramite l’Asl, gratuitamente. Lo consente  una legge del 1984. La mia famiglia  all’inizio è stata un po’ titubante – ricorda Laura scuotendo la testa e agitando i suoi capelli bagnati dalla pioggia incrociata prima di entrare nel locale -  I miei genitori all’inizio non capivano. Appartengono ad un’altra generazione. Però poi i miei familiari me li sono ritrovati  sempre al mio fianco, specie mia sorella, mio fratello e i miei nipoti”.

E da ragazzo che cosa facevi? “Ho frequentato l’Istituto d’Arte. Mi sono specializzata nella lavorazione della ceramica, l’unico materiale che non conoscevo come metterci le mani, visto che dipingo su qualsiasi tipo di superficie. Tutta l’adolescenza l’ho trascorsa qui”. Laura, però, non accetta di dire come si chiamava nella vita precedente, quand’era ancora un ragazzo. “Sono laura, sono una persona. Non c’è bisogno di mettere continuamente un timbro dietro le spalle per dire chi ero. Sono una persona. Con una faccia, con due gambe, due braccia. Mi sono sposata e separata legalmente. Sono una donna normalissima che non ha mai avuto nessuna difficoltà di inserimento nella vita sociale. Ho insegnato arti marziali alla Nato. Sono stata due volte campionessa mondiale di taekwondo e undici volte campionessa europea. Ma dal 1990 faccio spettacolo, mi occupo di canto, teatro, televisione, di pubbliche relazioni”.


Laura torna poi ai motivi per i quali si è candidata alle amministrative. “So bene cosa significa vivere da queste parti. Se sei un turista la prima cosa che noti sul territorio è la prostituzione di ragazze che sono costrette a stare sul marciapiede, per tanti motivi. Esattamente come è costretta a fare anche una persona transessuale che non trova lavoro. Questo è un territorio che nasconde tutto ciò che è illegale. Ma le esigenze dei cittadini di Castel Volturno sono quelle di superare queste emergenze. Con la mia presenza stiamo cercando di  dare un’apertura mentale e aiutare anche tutte quelle persone che vogliono essere se stesse e che forse hanno paura a mostrarsi per quello che sono veramente. Conoscere, informare, responsabilizzare, insieme a tanta legalità, sono le nostre parole d’ordine. Daremo il nostro contributo e spero tanto che possa essere eletto il mio candidato sindaco, perché i miei amici  - dice mentre guarda Toni e Rosario  - saranno la prima coppia ad unirsi con il registro delle unioni civili”.

martedì 1 aprile 2014

UN PARCHEGGIO SOTTERRANEO AL POSTO DI UNO DEI TORRIONI DEL MASCHIO ANGIOINO

Il Maschio Angioino
E’ una storia di burocrazia e corruzione. E’ una storia tra l’ignominia e la saccenza, mescolata all’ignoranza. Una di quelle che, a voler prendere in prestito le parole di Fabrizio De André, doveva essere “una storia da dimenticare, una storia da non raccontare, una storia  un po’ complicata, una storia sbagliata”. Proprio per questo abbiamo deciso di renderla pubblica, nonostante i “consigli e gli avvertimenti” di persone che nei giorni scorsi hanno caldeggiato il silenzio su questa assurda vicenda. Ma al punto in cui siamo arrivati non si può tacere. Di più. Prima di scrivere questo articolo, abbiamo consegnato tutti documenti in nostro possesso ai magistrati della Procura di Napoli che indagheranno e faranno luce su tutto ciò che stiamo per raccontare. 

La storia viene da lontano. Ha inizio durante la giunta di Maurizio Valenzi. O, per meglio dire, negli uffici del Commissario Straordinario per la ricostruzione del dopo terremoto del 23 novembre 1980 di cui era responsabile Valenzi. E’ un architetto napoletano a partorire l’iniziativa, Ciro Scognamiglio. Il giovane professionista, che all’epoca aveva 34 anni, propone al Commissario Valenzi un progetto per la realizzazione di alloggi popolari nel fossato del Maschio Angioino. Valenzi da uomo di cultura e artista eclettico, bollò l’idea come  “un’inutile follia”. Il progetto, però, fu presentato ugualmente perché nessuno si preoccupò di comunicare il diniego espresso dal Commissario Straordinario per la ricostruzione all’architetto Scognamiglio.  

Passarono alcuni anni e nel 1984, col cambio della guardia al Comune, cambiarono molti dei funzionari nella struttura Commissariale. L’architetto Scognamiglio ritornò alla carica e chiese ai nuovi funzionari che fine avesse fatto il suo progetto. La risposta fu più o meno la stessa: “E’ una follia”. Ma a quel punto il professionista pretese di essere pagato il suo lavoro. La vertenza andò avanti per alcuni anni, finché Ciro Scognamiglio non si rivolse alla magistratura per ottenere il compenso richiesto, che all’epoca era di 150 milioni di lire, più il pagamento degli oneri della cassa di previdenza per gli architetti. Il pagamento avvenne materialmente due anni dopo, ma la realizzazione dell’idea progettuale  rimaneva pur sempre “un’inutile follia”.  Per anni quel progetto è rimasto chiuso in uno degli armadietti degli uffici del Commissariato per la Ricostruzione, fino a quando un funzionario del dipartimento “Sisma 1980”, che nel frattempo è diventata una struttura assorbita dal Comune di Napoli, non riesumò quell’idea e, invece degli alloggi popolari, volle farne dei parcheggi. 

L’ingegner Gennaro Esposito, funzionario responsabile della struttura, convocò all’inizio del mese di maggio del 2002 l’architetto  Scognamiglio nei suoi uffici e gli propose di modificare il progetto per realizzare un parcheggio sotterraneo proprio sotto il torrione lato Nord del Maschio Angioino. A Scognamiglio, però, non fu data alcuna indicazione di quanti parcheggi realizzare. Il progetto si arenò per un periodo, anche perché nel frattempo l’ingegnere Esposito era andato in pensione. Scognamiglio non trovò interlocutori interessati e nessuno degli altri funzionari era motivato a portare avanti l’idea del parcheggio sotterraneo. Però, anche stavolta, Ciro Scognamiglio, giocando sul fatto che un incarico l’aveva ricevuto, il 7 giugno del 2004 consegnò nell’ufficio protocollo del comune il suo progetto. Agli elaborati fu assegnato il numero di protocollo 37.265. Anche in questo caso il progetto è rimasto lettera morta e affossato in uno degli armadietti nell’ufficio tecnico del Comune di Napoli, fino a quando Ciro Scognamiglio non è tornato alla carica per essere liquidato per il suo nuovo lavoro. Stavolta, però, la strada è risultata più complicata.  Scognamiglio si rivolge nuovamente alla magistratura per ottenere circa 90 mila euro. Anche in questa occasione le sue ragioni prevalgono grazie a qualche complicità nella struttura dirigenziale. Ma le difficoltà finanziarie del Comune non permettono la liquidazione materiale del compenso dovuto. 

Tre anni dopo Scognamiglio muore per un tumore al colon retto  e la liquidazione a tutt’oggi è ancora in sospeso. Nessuno più l’ha rivendicata.  Il progetto, nel frattempo, è rimasto fermo in qualche cassetto degli uffici comunali. Passano tre anni e al funzionario Lucio Perretta, viene l’idea di tirare fuori il progetto di Scognamiglio e di  inserirlo nel piano triennale dei lavori pubblici che saranno finanziati in parte con fondi regionali in parte con i fondi Fers. Il progetto, di circa 120 milioni di euro, viene approvato dall’attuale Giunta Comunale a “scatola chiusa”, come si fa spesso negli Enti Locali, sulla base delle proposte e delle relazioni dei funzionari comunali. Ma, esattamente una settimana fa, il coordinatore dell’ufficio urbanistica tira fuori il progetto e comincia ad esaminarlo nei particolari e scopre che per la realizzazione del parcheggio sotterraneo è previsto l’abbattimento del torrione Nord del Maschio Angioino. Apriti cielo.  Vanno tutti nel panico. “Possibile che nessuno se n’è accorto?” Si domandano i funzionari? Il bello è che il progetto è stato finanziato e farà parte del bando di gara che verrà pubblicato il 3 aprile. Una procedura che è più facile mandare avanti che fermare, perché rientra nella “procedura europea d’urgenza”. 

E’ un treno in corsa che potrà solo andare a sbattere da qualche parte. Insomma quel torrione del Maschio Angioino è probabile che andrà giù. Il sindaco, appena appresa la notizia,  è sembrato cadere dalle nuvole. L’assessore ai lavori pubblici non ne parliamo. Gli altri assessori non sono da meno: “Qualcuno ci ha ingannati su questa vicenda”. E i funzionari? e il segretario comunale? come hanno fatto a cadere in questa trappola? E la Soprintendenza ai monumenti? Sembra incredibile che un  progetto nato in maniera surreale abbia potuto produrre tanti effetti e fare tanti danni superando tutti i controlli possibili e immaginabili. Tutti ingenui? Tutti innocenti o hanno chiuso gli occhi per via di quelle somme così alte per la realizzazione del parcheggio? E’ possibile che dietro queste “disattenzioni” ci siano connivenze a vari livelli? Ora su questa vicenda farà luce la magistratura. Chi la prenderà a ridere, e non sarà l’unico, sarà Ciro Scognamiglio, che nel suo loculo al Cimitero di Napoli si starà sbellicando dalle risate su “un’inutile follia”.


OVVIAMENTE E' UN PESCE D'APRILE

giovedì 6 febbraio 2014

RAID VANDALICO A CASAL DI PRINCIPE NELLA SCUOLA CHE PORTA IL NOME DI DON DIANA

Hanno messo a soqquadro la scuola che porta il nome di don Diana. E’ accaduto nella notte tra martedì e mercoledì, in via De Amicis, nel cuore di Casal di Principe, nell’istituto comprensivo che ospita la scuola elementare “plesso don Diana”, secondo Circolo. Sono entrati da una finestra aperta sul retro della struttura e hanno reso inservibili le 12 aule che ospitano circa 300 alunni. “Quando abbiamo aperto le porte della scuola, poco dopo  le 7,30 – racconta una bidella ancora intenta a fare le pulizie – abbiamo trovato uno spettacolo desolante. C’erano fogli dappertutto, quaderni e disegni dei ragazzi, cartelloni, sparsi per terra ovunque.  Qualche aula era anche imbrattata di vernice. Scritte sulle lavagne indecenti e per terra tracce di liquido che non abbiamo saputo identificare.”


Sul posto sono accorsi immediatamente i carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, la dirigente scolastica, Angela Maria Schiavone e Raffaele Barbato, uno dei commissari prefettizi del Comune. Nel sopralluogo i tecnici del Comune riscontravano anche lo scassinamento  di diversi armadietti metallici e del distributore degli alimenti. Nel lato dei bagni un bidone di vernice era stato rovesciato sul pavimento e poi qualcuno ha imbrattato di vernice anche i muri. I carabinieri  hanno riscontrato  anche tracce di urina su banchi e cattedre. Sulle lavagne scritte oscene che nessuno ha osato cancellare. Quando le mamme stamattina hanno accompagnato i loro bambini a scuola, hanno trovato l’amara sorpresa e non hanno potuto far altro che ritornare  casa. Il raid, però non ha interessato un altro plesso adiacente che ospita la scuola d’infanzia. “E’ da un po’ che non facevano queste cose alle scuole  - dice una donna che viene a riprendere la bambina all’asilo -  Non sappiamo cosa pensare.” Sulla vicenda indagano i carabinieri che al momento non escludono alcuna pista, neanche quella che il raid potrebbe essere stato compiuto dalle nuove leve della camorra. La dirigente scolastica ha fatto affiggere un foglio fuori l’istituto avvisando che domani la scuola sarebbe stata aperta. Ma in Comune i tecnici e il Commissario Prefettizio sono di tutt’altro avviso. Hanno disposto un’ordinanza di chiusura fino a sabato prossimo.

“Sono atti gravi – dice Emilio Diana, il fratello di don Peppe – che destano preoccupazione perché sono fatti contro una scuola elementare. Non vorrei che ci fosse anche un collegamento col fatto che la scuola porta il nome di mio fratello e le manifestazioni programmate per ricordarlo a vent’anni dalla sua uccisione”.


Sulla vicenda c’è anche una presa di posizione del Comitato don Peppe Diana e di Libera: “Dobbiamo sapere e dover dare una risposta immediata. Chi ha creduto di danneggiare la scuola e di restare impunito non deve passarla liscia e certamente atti del genere non fermeranno il percorso di riscatto e di costruzione di una nuova coscienza civica che parte dal rispetto delle regole” – scrivono in una nota congiunta Valerio Taglione coordinatore del Comitato e  Gianni Solino, referente di Libera Caserta - C’è in atto un fiume in piena, anche in vista del ventennale dell’uccisione di don Diana, con la partecipazione di centinaia di cittadini di Casal di Principe che meritano rispetto e non essere in alcun modo accomunati a chi in preda degli ultimi sussulti pensa di riportare il paese in un clima di misterioso sospetto”.