sabato 11 aprile 2015

UMBERTO AMBROSOLI A CASAL DI PRINCIPE. "SONO QUI PER SOSTENERE IL PERCORSO DEI CASALESI ONESTI"

Renato Natale e Umberto Ambrosoli
“Sono qui per sostenere il percorso di rinascita dei casalesi onesti. Quelli che vogliono ricostruire il proprio paese dopo la “dominazione della camorra”, quelli che hanno la consapevolezza che c’è qualcosa dalla quale ci si deve staccare, per chiudere con il  passato”. Umberto Ambrosoli, avvocato milanese, figlio di Giorgio, ucciso a Milano dalla mafia l'11 luglio del 1979, parla di responsabilità sociale. Lo fa nel teatro della legalità di Casal  di Principe, sorto su un bene confiscato a Francesco Schiavone, Sandokan. Ambrosoli è qui per sostenere il percorso culturale che porterà gli Uffizi di Firenze, il 21 giugno prossimo, nella città di don Peppe Diana, con la mostra “La Luce vince l'ombra”. Un’iniziativa maturata nell’ambito  del progetto “R_Rinascita” di Fiba Social Life e del centro studi sociali contro le mafie, Progetto San Francesco, diretto da Alessandro De Lisi.

Sul palco del teatro della legalità, coordinati dalla giornalista Tina Cioffo, oltre ad  Ambrosoli, ci sono il sindaco, Renato Natale, il Prefetto di  Caserta Carmela Pagano, Giacinto Palladino presidente di Fiba Social Life. Il sindaco Natale, parla della selezione che proprio in questi giorni è in atto per  scegliere 40 giovani “ambasciatori della Rinascita”. Saranno le guide per accogliere i visitatori della mostra e dovranno raccontare a tutti quelli che arriveranno a Casale, le sfide vinte contro la camorra, i danni del territorio causati dagli interessi dei clan, le eccellenze agroalimentari e storiche della comunità, senza censure e senza timori.  Gli “ambasciatori” saranno impegnati per tutto il periodo della mostra, dal 21 giugno al 21 ottobre. 

Umberto Ambrosoli e Tina Cioffo
“Stiamo cercando di fare una rivoluzione con le opere d’arte, ma per noi le opere d’arte più importanti sono le persone -  ha detto il sindaco Renato Natale – La selezione dei volontari che sta avvenendo in questi giorni, è uno degli esempi di come una comunità particolare stia facendo in percorso nuovo. I ragazzi arrivano con nuove idee per partecipare ad un processo di rinascita. Hanno l’orgoglio di essere casalesi e lo fanno nel nome di don Diana”.

Un percorso sostenuto anche dal Prefetto che valuterà ulteriormente i prescelti, dal punto di vista “dell’antimafia”, perché nel bando emanato è indicato che non dovranno avere parenti coinvolti nelle file della camorra.

“Questa iniziativa – ha ricordato Giacinto Palladino, presidente di Fiba Social Life – nasce dall’incontro tra Antonio Natali, direttore degli Uffizi di Firenze e Renato Natale, sindaco di Casal di Principe, che si sono trovati insieme a Firenze in un giorno di ottobre del 2014. In quella sede nacque una bella sfida da proporre al paese, che noi abbiamo raccolto”

“Con la mostra degli Uffizi  - ha sostenuto Umberto Ambrosoli rivolgendosi al numeroso pubblico presente – avete trovato il modo di dare un valore aggiunto al percorso di rinascita. Ma è sulla responsabilità sociale che voglio riflettere insieme a voi.”

E così ha raccontato una storia. Una storia esemplare. Quella dell’avvocato  Fulvio Croce, ucciso a Torino dalle Brigate Rosse  il 29 aprile del 1977. Una storia paradigmatica di ciò che sta accadendo a Casal di Principe, ma anche una riflessione sulla libertà, sulla paura e sulla possibilità di reagire da parte dei cittadini  esercitando, appunto, la responsabilità sociale.

Ha ricordato di come Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati di Torino, non si sottrasse alla sua responsabilità di fronte alle minacce delle Brigate Rosse che non volevano far celebrare il processo a carico del nucleo storico della BR. E per questo fu ucciso, ma prima convinse gli avvocati ad accettare la difesa d’ufficio dei brigatisti.

“Chiamato a quella prova nell’interesse di tutti, Fulvio Croce aveva vissuto la propria responsabilità professionale anche nei confronti della famiglia e nei confronti dei figli.  Ma aveva vissuto il proprio ruolo nella società.  E’ una storia che segna  il senso, il valore della responsabilità di ciascuno di noi – ha sottolineato l’avvocato milanese -  E ci insegna che quando siamo liberi, possiamo essere responsabili, possiamo vivere. Altrimenti possiamo solo esistere e sopravvivere”.


Alessandro De Lisi
“Se dovessi usare una metafora, direi che Casal di Principe è una fabbrica – ha concluso Alessandro De Lisi, direttore del centro studi sociali contro le mafie -    Quello che sta accadendo da qualche mese a questa parte a Casal di Principe, è qualcosa di particolare che paragonerei ad una fabbrica. Una fabbrica costruita,  attrezzata, idealizzata per riparare i danni fatti dalla camorra in tutti questi anni. Qui le persone per bene, hanno dovuto nascondere la propria identità di casalesi, dicendo di essere casertani per non subire l’apartheid.  Ora ci sono tutti gli elementi per ricostruire il patto di fiducia non solo tra cittadini e istituzioni, ma addirittura per ricostruire  la speranza e la fiducia nei confronti delle parole che qui sono state malversate”. 

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