venerdì 26 ottobre 2012

LA NUOVA FAIDA DI SCAMPIA PASSA PER CASAL DI PRINCIPE


La nuova faida di Scampia passa per Casal di Principe.  Gennaro Spina, 26 anni, ucciso martedì scorso poco dopo le 15, in via Stelvio, nel rione Berlingieri a Secondigliano, era agli arresti domiciliari nella comunità “Liberiamo la vita”, ubicata in una villa costruita nella cintura esterna della città, al confine con San Cipriano di Aversa. Gennaro Spina era uscito insieme ad una ragazza, operatrice volontaria della comunità, per fare delle commissioni. Gli inquirenti sospettano che Spina fosse il vero obiettivo dei killer la sera del 15 ottobre nel quartiere Marianella, quando fu ucciso Pasquale Romano. Tra i due, infatti, c’è una forte somiglianza. Inoltre Gennaro Spina, che dagli investigatori viene collocato  vicino al clan  dei “Girati”, in guerra con gli scissionisti per il controllo delle piazze dello spaccio di droga, viaggiava a bordo di una Renault Clio, stesso modello di auto posseduta da Lino Romano.
“Gennaro Spina quando  è arrivato da noi – spiega Luciano Borrelli, uno dei responsabili della Comunità “Liberiamo la vita” di Casal di Principe –  non era in carcere. Scontava già gli arresti  presso un’altra comunità, la “Nuovi amici” di Torre del Greco. E’ stata la mamma a chiederci la disponibilità di accettarlo qui, perché più vicino alla loro abitazione. La famiglia, infatti, abita al Vomero. Spina si trovava fuori dalla comunità perché era uscito insieme ad una operatrice volontaria. Aveva il permesso del giudice per poter uscire. Doveva fare delle compere. Piccole spese per lavori di riparazione occorrenti alla nostra struttura. Non so perché si trovasse a proprio Secondigliano – dice Borrelli -  nessuna spiegazione abbiamo avuto nemmeno dalla ragazza che era con lui, perché non è più ritornata in Comunità. Era una volontaria.  E per noi è irrintracciabile. Non riusciamo a metterci in contatto con lei. Tra i due, peraltro, s’era creato un rapporto affettivo particolare. Insomma, erano più che amici. Perciò potrebbe essere una testimone importante dell’omicidio e potrebbe fare chiarezza sul perché erano a secondigliano”.
Nella comunità di Casal di Principe sono attualmente ospitate altre 26 persone, detenuti che scontano la pena alternativa al carcere e che provengono da varie regioni italiane. Un fenomeno, quello delle comunità di accoglienza per detenuti che è sotto l’osservazione attenta degli investigatori.   Sospettano che possa rappresentare per i camorristi il modo per scontare la pena fuori dal carcere attraverso perizie mediche compiacenti. “Il trasferimento del detenuto in comunità dice Luciano Borrelli  - non avviene perché lo richiede la struttura, ma è disposto da un giudice che deve vagliare la documentazione presentata e ritenerla adeguata. La comunità, come avvenuto per  Gennaro Spina, si limita a fare un colloquio in carcere con la persona che chiede di essere ospitato. Nel caso di Gennaro Spina, dopo che la mamma ha chiesto la disponibilità ad accoglierlo, sono stato io a fargli il colloquio. Da noi si paga una retta di 500 euro mensili. Perché è una struttura privata, non convenzionata con l’ASL. Ma anche quando la famiglia ha difficoltà a pagare la retta, noi non ci tiriamo indietro. Spina -  dice Borrelli -  non aveva problemi di droga. In quel caso non avremmo potuto accettarlo perché nella comunità non si fanno terapie sanitarie, ma solo psicologiche. Non risultava affiliato ad alcun clan, non aveva il 416 bis e non apparteneva a famiglie con legami di camorra”.

Due anni fa, però, Gennaro Spina era stato arrestato in un'operazione antidroga con l'accusa di raccogliere i soldi dai tossici per l'acquisto delle dosi. E se è vero che gli investigatori lo ritengono vicino al clan dei “Girati”, qualcosa non quadra. Vogliono vederci più chiaro i PM Sergio Amato  ed Enrica Parascandolo che seguono il caso di Pasquale Romano. Perciò hanno chiesto di esaminare il fascicolo relativo alla morte di Gennaro Spina, perché dai suoi precedenti forse si potranno chiarire molte cose. Non ultima il perché dell’uccisione di un ragazzo come Pasquale Romano, che non c’entra nulla con la faida in corso a Scampìa.

mercoledì 17 ottobre 2012

IMPRENDITORE DI PIGNATARO MAGGIORE RITRATTA LE ACCUSE NEI CONFRONTI DI ESPONENTI DEL CLAN LUBRANO-NUVOLETTA

Succede anche questo ai processi di camorra, nonostante i colpi inferti dalle forze dell'ordine e dalla magistratura ai clan casertani.  Oggi Luca Viggiano, un piccolo imprenditore titolare di una pizzeria oggetto di un attentato incendiario nell'agosto del 2004, ha ritrattato le dichiarazioni rese in un lungo interrogatorio del 16 gennaio 2008 nel quale aveva parlato di minacce e tangenti pagate al clan. Viggiano fu uno dei grandi accusatori dei boss di Pignataro Maggiore, paesino del casertano per anni regno del potente clan Lubrano-Ligato, imparentato con i Nuvoletta e alleato dei Casalesi. Viggiano lo ha fatto davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presidente Maria Alaia), dove è in corso il processo a carico di otto tra esponenti di spicco e semplici affiliati al clan Ligato, tra cui il boss Raffaele Ligato, già condannato per l'omicidio di Franco Imposimato del 1983, fratello del giudice istruttore Ferdinando Imposimato. L'accusa per tutti è di aver terrorizzato per anni con attentati e minacce decine di commercianti di Pignataro, costretti poi a pagare il pizzo.
 
 
Gli arresti furono eseguiti alcuni mesi dopo le dichiarazioni di Viggiano. «Non ho mai pagato tangenti ai Ligato n‚ ho ricevuto da loro minacce - ha detto il ristoratore - spesso Pietro e Antonio Ligato (anch'essi imputati, ndr) venivano in pizzeria ma non ho mai dato loro pizze gratis, le hanno sempre pagate, al massimo ho praticato loro degli sconti, ma lo faccio anche con altri clienti». Il pm Liana Esposito gli ha contestato le precedenti dichiarazioni ma Viaggiano non ha cambiato linea. «L'attentato del 2004 - ha spiegato Viggiano - fu opera di alcuni ragazzi che avevo mandato via dal mio locale perch‚ volevano che preparassi una pizza quando ormai era ora di chiusura». Dalle indagini era emerso che Viggiano pagava ogni mese tra i 300 e i 400 euro e che in almeno due occasioni aveva acquistato penne e gadget di cartolibreria dai Ligato. «L'ho fatto perch‚ erano miei clienti, ma non mi è stato imposto nulla» ha concluso».

sabato 6 ottobre 2012

CATTURATO MASSIMO DI CATERINO, ULTIMO "PEZZO DA NOVANTA" DEL CLAN DEI CASALESI


Lo hanno preso seguendo la moglie, che ha portato le forze dell’ordine direttamente nel nascondiglio ricavato in un vano doccia di un’abitazione ubicata in via Roma 122, a Francolise, una frazione di Sant’Andrea del Pizzone (CE). E’ finita così la latitanza di Massimo Di Caterino, reggente del clan Zagaria, ultimo “pezzo da novanta” del clan dei casalesi ancora in libertà. Uno dei più fidati luogotenenti di Michele ZAGARIA, arrestato dalla Polizia a Casapesenna il 7 dicembre 2011, dopo 16 anni di latitanza.
 

Lo hanno trovato armato con  una pistola calibro 7,65, il colpo in canna, due caricatori di riserva  e 10mila euro in contanti. Con lui anche la moglie, Marianna Zara. Di Caterino, detto pistuolo”, era ricercato dal 31 marzo 2010, colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, estorsione e favoreggiamento personale, reati aggravati dall’avere agito al fine di agevolare l’organizzazione di stampo mafioso denominata clan dei casalesi-gruppo ZAGARIA. Di Caterino era l’ultimo pericoloso latitante in una lunga lista di capi del clan dei casalesi a cui le forze dell’ordine davano la caccia. Curava tutti gli affari economici della famiglia Zagaria.

 
Teneva la cassa del clan e provvedeva al pagamento degli stipendi degli affiliati e delle famiglie dei carcerati. Prova ne sono anche tutti i pizzini ritrovati nel covo di Francolise con nomi e cifre segnate a fianco di persone con attività economiche di un certo rilievo. Stava anche ricostruendo le fila del clan che negli ultimi mesi è stato praticamente disarticolato. Poche settimane fa era sfuggito ad un blitz. Le forze dell’ordine lo cercavano in un abitazione di San Cipriano di Aversa. La sua presenza era stata segnalata in via Pietro Bembo.  

 
Riuscì a fuggire poco prima dell’arrivo degli uomini della squadra mobile allertato, probabilmente, da apparati di intercettazione e telecamere esterne che utilizzava per l’avvistamento delle forze di polizia. Stesse apparecchiature sofisticate sono state trovate anche nel covo di Francolise dove stamani è stato catturato. L'attività investigativa della squadra mobile casertana è stata condotta dai pm della Direzione distrettuale antimafia coordinata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho.

 
Da settimane gli investigatori della squadra mobile di Caserta diretta dal vicequestore Angelo Morabito e della sezione distaccata di Casal di Principe diretta dal vicequestore Alessandro Tocco avevano messo sotto controllo il nascondiglio, uno dei tanti che Di Caterino aveva a sua disposizione. Ad ammanettare l'ultimo dei latitante del clan dei Casalesi - scovato dalla squadra mobile di Caserta in un'abitazione con bunker nel box doccia e sistemi anti-polizia di Francolise, nel Casertano - è stato il vice questore aggiunto Alessandro Tocco, che dirige la sezione distaccata di Casal di Principe della squadra mobile casertana.

 
Nell'operazione che ha portato al suo arresto hanno preso parte circa 18 agenti della sezione di Casal di Principe. Il proprietario dell'abitazione in cui aveva trovato rifugio il latitante, Massimiliano Iossa, di 41 anni, è stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento. Dopo l'arresto, Massimo Di Caterino è stato condotto dalla polizia nella sede della Questura di Caserta. All'arrivo delle auto nel piazzale interno, i poliziotti presenti negli uffici si sono affacciati alla finestra applaudendo i colleghi della Squadra Mobile e gridando "Bravi".


Tra i primi a congratularsi con il capo della polizia, Antonio Manganelli, per l’arresto del boss Di Caterino, è stato il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri: ""Voglio ringraziare le Forze dell'ordine e la Magistratura per l'arresto di un pericoloso latitante come Di Caterino e per il grande impegno quotidiano volto a ripristinare la legalità in territorio oppresso dalla criminalità organizzata".

 
«È stato arrestato un riferimento importante del clan dei casalesi e del gruppo facente capo a Michele Zagaria». Così, il procuratore aggiunto di Napoli e capo della Direzione Distrettuale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, che insieme al pm Catello Maresca ha coordinato le indagini. Il procuratore ha voluto mettere l'accento su un altro nemico da sconfiggere, strettamente legato all'apparato militare della criminalità organizzata: «l'economia sorretta dai soldi della camorra» che, fa notare «è più difficile da individuare e da aggredire se non con approfondite e particolari indagini».

 

«Si tratta di una parte dell'economia del territorio - ha continuato Federico Cafiero de Raho - che si mimetizza anche grazie alla compiacenza di chi se ne avvale per fare affari e crescere». «Nel corso degli anni si è rafforzata, - ha detto ancora Cafiero de Raho - si è avvalsa dell'ala militare dei clan quando non riusciva, con il denaro sporco, a liberarsi della concorrenza basata sull'economica legale». In sostanza, ha detto ancora il procuratore aggiunto della DDA, «bisogna continuare a operare per smantellare la forza militare della camorra ma anche contrastare e debellare la sua infiltrazione nell'economia legale su cui la camorra basa la sua vera forza”.

 

«È un' ulteriore tappa di quel percorso che magistratura e forze dell'ordine stanno portando avanti per fare terra bruciata intorno ai boss in carcere e quelli che ancora sono fuori». Così il questore di Caserta, Giuseppe Gualtieri, ha commentato l'arresto di Massimo Di Caterino. Il questore Gualtieri ha voluto anche sottolineare che, nel territorio, è in atto una crescente collaborazione tra forze dell'ordine e società civile: «così riusciamo a intervenire sulle nuove leve prima che si facciano la fama di malavitosi. Questo significa che è stato fatto un buon lavoro e che è in atto un risveglio nel Casertano. Dal canto nostro - ha concluso il questore Gualtieri - proseguiremo sulla strada intrapresa».

 

Le reazioni dei politici. Dal mondo della politica è arrivato un consenso unanime. Pina Picierno, parlamentare Pd: ""L'arresto avvenuto stamattina del boss della camorra Di Caterino è una notizia meravigliosa e un risultato straordinario delle forze dell'ordine e della magistratura. A loro va un immenso ringraziamento per gli sforzi, i sacrifici e i successi degli ultimi anni". E poi ha continuato: "Quanto ottenuto è in grado di cambiare il volto della Campania e del Paese, ed è necessario continuare su questa strada senza tregua, con la certezza che è possibile ottenere grandi risultati e sconfiggere le mafie".".

 
L’on.le Gianfranco Rotondi (Pdl): "Un colpo durissimo quello inferto dalla polizia alla camorra con l'arresto del boss Massimo di Caterino. E' un altro successo straordinario dello stato nella lotta alla criminalità organizzata. Mi complimento con il ministro dell'interno cancellieri e col capo della polizia prefetto Manganelli".

 
Italo Bocchino (Fli), ha commentato attraverso Twitter: "L'arresto di Massimo Di Caterino è un duro colpo alla criminalità organizzata che ha contaminato il tessuto sociale ed economico del nostro Paese. Grazie ai ragazzi della Squadra mobile Caserta". ".

 

 Il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro (Pdl): "Il grande merito delle forze dell'ordine e della magistratura è nell'aver dato dimostrazione di una forte continuità nell'azione di smantellamento delle organizzazioni camorristiche ed in particolare del clan dei Casalesi". E ancora: "A loro va il plauso di tutta la gente del Sud e di tutti coloro che ben sanno che la camorra e l'inosservanza delle leggi contribuiscono in maniera negativa e determinante nella difficile opera di rilancio dell'intero Mezzogiorno d'Italia".".
 

Per Enzo Amendola, segretario regionale del Pd: "Oggi lo Stato ha dimostrato ancora una volta che la battaglia contro la camorra si può vincere. Un ringraziamento per l'ennesimo successo va alle forze dell'ordine e ai magistrati che, nonostante le enormi difficoltà, quotidianamente sono sul fronte per liberare le nostre terre dalla morsa soffocante dei poteri criminali". E ha aggiunto:  "Ma da solo nessuno ce la può fare - conclude Amendola - tocca a tutti, innanzitutto alle forze sociali e alle istituzioni, fare fronte comune e alzare barriere invalicabili per emarginare e mettere alla porta chi cerca di rubarci con la violenza il futuro".

I PRETI DI CASAL DI PRINCIPE GUIDANO LA FIACCOLATA CONTRO L'ABUSIVISMO: "ORA PERCORRERE LA STRADA DELLA LEGALITA'"


E’ arrivata davvero tanta gente. Più di tremila persone hanno risposto all’appello dei parroci di Casal di Principe per fermare gli abbattimenti della case abusive. Alle 20 in punto di venerdì  5 ottobre, migliaia di fiaccole accese si sono mosse in silenzio dal piazzale antistante il cimitero, invadendo il centro della città. Davanti al lungo serpentone i parroci di Casale: Don Franco Picone, don Carlo Aversano, Don Delio Pellegrino, don Franco Manzo, don Paolo dell’Aversana, don Sebastiano Paolella. Sui marciapiedi, ai lati del corteo, decine di persone. Man mano che il corteo avanzava di ingrossava. “Questa è una chiesa che non si tira indietro di fronte ad un disagio sociale così evidente – ha detto don Carlo Aversano - e si sporca le mani mettendosi in prima fila per chiedere una seconda opportunità per chi ha sbagliato. Questa marcia è un segno di speranza e di cambiamento per un paese devastato sotto il peso dei clan della camorra”. In prima fila le madri di famiglia, tantissime, e i giovani, a centinaia. Don Franco Picone, vicario della Diocesi di Aversa: “Ecco, riconosciamo gli errori. Ma adesso vogliamo voltare pagina. La chiesa è a fianco dei casalesi che vogliono percorrere la strada della legalità. Alle istituzioni, alla Procura generale, chiediamo di darci una mano e dirci come fare”.

Tra Casal di Principe, Casapesenna, e San Cipriano d'Aversa sono state censite almeno 3mila case abusive con oltre 1000 sentenze di abbattimento. Le prime due sono già state abbattute. Almeno quindici saranno distrutte nelle prossime settimane.

 
“Abbiamo sbagliato, vogliamo riparare. Come?” recita lo striscione portato da decine di ragazzi. Come ad esibire la distanza tra la gente di casale e la camorra che è stata disarticolata sotto i colpi inferti dalla magistratura.

 Dei politici, quelli che hanno rappresentato per anni questo territorio in parlamento: Nicola Cosentino, Gennaro Coronella,  Giovanna Petrenga,  nessuna traccia: “Se fossero venuti qui – dice una donna che di professione fa l’insegnante - non avrebbero ricevuto grandi accoglienze”. “Non abbiamo più interlocutori politici – afferma invece un signore sulla sessantina, capelli bianchi e baffi – ci hanno lasciati soli. Mentre noi siamo qui in piazza, per difendere le nostre case, loro sono impegnati a difendere le loro poltrone nel congresso del partito. Eppure li abbiamo votati, gli abbiamo dato fiducia. Il risultato è che il nostro paese ha il marchio infamante della camorra. E per di più  ora ci buttano giù anche le case”.

 
La conclusione in Piazza Villa affidata al Vescovo di Aversa: “Per troppi anni siamo rimasti indifferenti al bene comune. Abbiamo sbagliato. Adesso dobbiamo rimediare. Tante cose non funzionano perché il nostro modo di entrare in rapporto con la realtà è più attento al privato che al bene collettivo. La solidarietà deve sostenere chi è in difficoltà e poi far crescere una migliore consapevolezza. Noi faremo la nostra parte ma trovare alternative non tocca a noi, ma alla politica. Da adesso si cambia strada. Si percorre la via della legalità”

giovedì 4 ottobre 2012

LE ACLI ADERISCONO ALLA PROPOSTA CGIL DI TUTELARE LAVORATORI AZIENDE CONFISCATE ALLE MAFIE.

 Altre adesioni alla campagna "Io riattivo il lavoro lanciata dalla Cgil. E' la volta della Acli, che ha deciso di sostenere la proposta di legge promossa dalla CGIL per l'emersione della legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Lo riferisce  in una nota l'Associazione, annunciando la partecipazione del loro presidente, Andrea Olivero, alla presentazione dell'iniziativa oggi a Roma. La campagna «Io riattivo il lavoro» della Cgil nasce perchè - dicono i dati - il 90% delle imprese confiscate finisce per fallire e a pagarne le conseguenze sono i lavoratori. «Il lavoro - afferma nella nota Andrea Olivero - è una delle risposte principali allo strapotere mafioso e non possiamo quindi permettere che i lavoratori delle aziende sequestrate perdano il loro posto e restino senza reti di protezione, pagando per colpe che non hanno commesso».

La proposta della Cgil sostenuta dalle Acli prevede l'accesso automatico alla cassa integrazione per i lavoratori interessati, incentivi ai datori di lavoro che assumono ex dipendenti di aziende confiscate e incentivi per i lavoratori disposti a rilevare l'azienda.Oltre a questo, la nota riporta altre idee, tra cui quella del congelamento dei debiti dell'azienda e l'istituzione di un fondo ad hoc per garantire il credito e fornire agli istituti bancari le garanzie per favorire la continuità dell'attività produttiva. «Combattere la mafia - conclude Olivero - significa combattere i patrimoni della criminalità organizzata e riconsegnarli alla comunità perchè possano produrre buona economia e buona occupazione. I beni confiscati alle mafie - precisa - non vanno messi all'asta, col rischio di nuove infiltrazioni delle organizzazioni criminali.

UN'ALTRA FABBRICA DI FALSE HOGAN SCOPERTA AD AVERSA

Un'altra fabbrica di costose ma false scarpe Hogan è stata scoperta ad Aversa (Caserta) dalla Guardia di Finanza di Caserta. La fabbrica era protetta da un sistema di videosorveglianza che, seppure perfettamente funzionante, non ha impedito ai finanzieri di irrompere all'interno del locale, dove sono stati sorpresi 9 italiani intenti alla produzione delle calzature. 19 macchinari tutti in funzione, 1.500 calzature complete, 10 clichè contraffatti di metallo recanti il marchio Hogan, 1.200 etichette 'marcatè pronte per la cucitura e 30 rotoli di pellame è il bilancio di quanto sequestrato. L'intero immobile è stato sottoposto a sequestro e i tre responsabili sono stati arrestati. I sei operai sono stati denunciati a piede libero per concorso nel reato di contraffazione.

RAPINAVANO FARMACIE, ARRESTATI TRE MINORI A CAIVANO

I carabinieri hanno arrestato due 16enni ed un 17enne a Caivano per rapina aggravata. Erano destinatari di 2 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse il 1 ottobre dal Gip dei minori di Napoli. Uno dei 16enni e il 17enne risultano indiziati per la rapina avvenuta il 14 settembre in via Marzano, quando due persone armate di pistola entrarono nella farmacia Falco e si fecero consegnare l'incasso di 2.250 euro . I due 16enni, inoltre, risultano indiziati per le rapine avvenute in 3 distinti giorni, l'11 aprile, il 24 aprile e il 24 maggio, in via Embriani, quando alcuni uomini sono entrati nella farmacia Tartaglione e, sempre armati di pistola, si sono fatti consegnare gli incassi, complessivamente, di 3.200 euro. I giovani sono stati accompagnati nel centro di prima accoglienza per minori a Napoli sul viale Colli Aminei. (Adnkronos)

CASAL DI PRINCIPE: "DATECI LA POSSIBILITA' DI RICOMINCIARE"

Casal di Principe scende in piazza contro gli abbattimenti delle case abusive. Lo farà domani sera alle 19,30 con una fiaccolata silenziosa che hanno promosso i parroci delle quattro parrocchie cittadine. E precisano subito che non è una manifestazione per difendere chi ha compiuto un’illegalità, ma è una “richiesta di dialogo con la Procura Generale di Napoli su basi nuove rispetto ai comportamenti passati dei cittadini di Casal di Principe”. I parroci di Casale, che nei giorni scorsi hanno incontrato Donato Ceglie, il magistrato che si occupa delle case abusive, avevano chiesto un periodo di tregua negli abbattimenti delle abitazioni che sono cominciate la settimana scorsa. Ma così non è stato perché al primo intervento in via Borsellino, eseguito martedì 25 settembre, ne è seguito un altro, sempre in via Borsellino, tra ieri e l’altro ieri. Durante il primo abbattimento ci sono anche stati momenti di tensione tra le forze dell’ordine in assetto antisommossa e alcune centinaia di cittadini che avevano cercato di impedire con la forza, senza riuscirvi, la distruzione di un manufatto di 80 metri di proprietà di un operaio saltuario.  I parroci nel loro incontro in Procura hanno assicurato che non ci sarebbero stati altri comportamenti violenti da parte dei cittadini casalesi. E così è stato perché quando è stata abbattuta la seconda casa abusiva, tutto è filato liscio. “Una tregua che per il momento è unilaterale – ha detto uno degli esponenti del “coordinamento per il riscatto” di Casal di Principe -  Avevamo programmato una raccolta di firme per chiedere che gli abbattimenti venissero attuati seguendo criteri più giusti. Ad esempio cominciando da chi ha fatto l’abuso per speculare, da chi ha costruito su suolo demaniale. E poi concedendo un preavviso di alcuni giorni alle famiglie interessate in modo da poter organizzare il trasferimento dei mobili e avere il tempo di trovare una sistemazione alternativa. Abbiamo anche sospeso una raccolta di firme in tal senso, perché ci avevano detto che l’iniziativa poteva essere di intralcio all’apertura di un dialogo da parte della Procura Generale. Ma sinora non vediamo aperture in tal senso”.
I parroci, però, hanno deciso di metterci la faccia. “Abbiamo sbagliato per il passato, ma vogliamo riparare. Dateci la possibilità di farlo”,  dicono e lo hanno scritto anche sul manifesto di convocazione della fiaccolata che partirà dal piazzale antistante il Cimitero e arriverà a Piazza Villa, percorrendo, in pratica, tutte le strade del centro cittadino. Le case abusive da abbattere a Casal di Principe, al momento sono almeno una sessantina. C’è un elenco stilato dalla Procura. Il prossimo intervento, se non ci sarà alcuno stop, è previsto in via Del Pozzo nella prossima settimana.

CASAL DI PRINCIPE SCENDE IN PIAZZA CONTRO L'ABBATTIMENTO DELLE CASE ABUSIVE

Venerdì 5 ottobre 2012, alle  ore 19,30, tutta Casal di Principe, San Cipriano di Aversa e Casapesenna, scenderà in piazza per protestare contro gli abbattimenti delle case abusive. E' stata convocata una manifestazione dai parroci delle quattro parrocchie di Casal di Principe. Una fiaccolata silenziosa partirà dal piazzale antistante il Cimitero e arriverà a Piazza Villa, percorrendo, in pratica, tutte le strade del centro cittadino. Ieri c'è l'abbattimento della seconda casa abusiva in via Borsellino, mentre si prepara il cantiere per la prossima, in via Del Pozzo, che è inserita in una lunga lista di case da abbattere. 

mercoledì 3 ottobre 2012

NAPOLI CALCIO - LA FINANZA IN SEDE - "NESSUN INDAGATO" COMUNICA LA SOCIETA'


«In data odierna la Guardia di Finanza ha compiuto un accesso presso gli uffici della Società per acquisire informazioni nell'ambito di un procedimento radicato nel 2007 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e di cui non sono noti i contenuti. Al riguardo si sottolinea che la Società ed i suoi rappresentanti e dirigenti non risultano indagati». È quanto si legge in una nota del Napoli dopo le acquisizioni di documenti da parte della guardia di finanza nelle sedi del club partenopeo e della Figc. «La Società, seguendo una linea di continuità comportamentale adottata dal primo giorno della sua costituzione, è al fianco della magistratura in ogni attività volta all'accertamento della verità», si legge ancora nel comunicato. (Adnkronos)

CASAPESENNA - 6 ARRESTI CLAN ZAGARIA. CONTINUAVANO A CHIEDERE IL PIZZO A IMPRENDITORI


Il boss è in carcere, ma le estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti non si sono mai fermate. La Squadra Mobile di Caserta, coordinata dalla Procura Antimafia di Napoli, ha eseguito alle prime luci dell'alba sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti affiliati al gruppo Zagaria della cosca di Casal di Principe. L'operazione è stata denominata "Thunderball", come l'omonimo film della saga di James Bond, "Agente 007 - Thunderball: operazione tuono".

Le sei ordinanze di custodia cautelare sono state notificate dalla squadra mobile di Caserta a Michele Barone, 38 anni, Michele Fontana, 41 anni, soprannominato "o sceriffo", Giorgio Pagano, 36 anni, Renato Piccolo, 39 anni, Costantino Diana, di 34 anni e Francesco Sabatino, di 42. Tra i destinatari delle misure restrittive emessa su richiesta della Procura Antimafia di Napoli figurano, come mandanti dei raid estorsivi anche elementi di spicco e fidati luogotenenti del boss Michele Zagaria, attualmente detenuti, come Barone e Fontana. Le accuse vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso all'estorsione aggravata.
 
 
Le indagini che hanno portato all'operazione "Thunderball" hanno evidenziato come l'arresto del boss Michele Zagaria non avesse fermato le attività estorsive nei confronti di imprenditori e commercianti: a loro gli emissari hanno sempre ribadito che "nulla era cambiato" e che "dovevano mantenere gli impegni assunti con l'organizzazione", riferendosi al pagamento del pizzo. La polizia ha anche accertato che gli affiliati hanno continuato a eseguire le direttive impartite dai boss malgrado fossero in regime di carcere duro. Il frutto delle estorsioni veniva utilizzato per il pagamento degli stipendi e delle spese legali ai familiari dei detenuti.


Tra le vittime delle estorsioni figura anche un imprenditore di Casapesenna che, negli scorsi anni, si era aggiudicato l'appalto per la realizzazione di un complesso residenziale da 50 villette a Castel Morrone, nel Casertano, per un importo di 6 milioni di euro. Gli estorsori di Zagaria gli avevano imposto una tangente da 35mila euro di cui due tranche, per complessivi 20mila euro, erano state versate prima della cattura del boss.


L'altro imprenditore che ha denunciato i suoi estorsori è Filippo Barone, titolare del ristorante "Il buongustaio" di San Marcellino, è vice sindaco della città.



All'operazione "Thunderball" si è giunti anche grazie alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Salvatore Venosa, detto "'o cucchiere", a capo del clan dopo l'arresto dei vertici della cosca. Scoperto anche un tentativo di estorsione nei confronti di un ristoratore di San Marcellino a cui era stato chiesto il pagamento di 3mila euro, suddivise in tre rate di mille euro da versare nelle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto.
 
 L'omelia di un sacerdote ha contribuito a dare impulso alle indagini. Si tratta della denuncia di don Vittorio Cumerlato, vice parroco della chiesa della Santa Croce di Casapesenna, paese d'origine del boss Michele, citata nell'ordinanza di custodia cautelare.

Il 17 giugno scorso, durante la messa, don Vittorio si rivolse ai fedeli dicendo amareggiato: "Questo paese non cambierà mai".

Gli agenti della squadra mobile di Caserta, con il vicequestore Angelo Morabito, si sono allora attivati per comprendere a che cosa alludesse il sacerdote e hanno saputo da fonti confidenziali che Marcello De Rosa, imprenditore edile di Casapesenna impegnato nella costruzione di 50 villette nel Comune di Castel Morrone, aveva subito una richiesta estorsiva.

Le intercettazioni telefoniche hanno fornito la conferma. Il sacerdote, ascoltato come persona informata sui fatti, ha confermato al pm Catello Maresca che alcuni imprenditori in difficoltà si erano rivolti a lui per avere sostegno e conforto.