lunedì 24 dicembre 2012

IL NATALE DI VALERIA E DEI SUOI TRE BAMBINI NEL CAMPO ROM NUMERO 6 DI GIUGLIANO


Valeria stringe in braccio Vanessa,  la sua ultima bambina. E’ nata un anno e mezzo fa.  Accoglie i suoi ospiti con un sorriso in una casetta di legno  di circa 8 metri quadri. Somiglia a quelle dei parco giochi costruite per i sette nani. Solo che qui tutti insieme i nani non ci entrerebbero. Valeria vive nel campo Rom numero 6, alla periferia di Giugliano. Nella casetta una luce gialla fioca illumina i pochi arredi:  una sola sedia, un tappeto per terra e qualcosa che assomiglia ad un divano. Nella penombra si intravede  anche una piccola cucina a gas e sul fornello un pentolino che riscalda un po’ d’acqua. Luca, il secondo figlio, di cinque anni, non c’è. E’ a casa di un suo zio. Ma non c’è nemmeno Andrea, il marito. E’ stato ucciso dalla polizia il 9 novembre scorso sull’asse mediano, mentre con un auto forzava un posto di blocco con altri tre ragazzi Rom. I quattro avevano appena compiuto un furto in una tabaccheria di Santa Maria Capua Vetere. Li tenevano d’occhio da un pezzo. Quella mattina, erano quasi le 6, i poliziotti li stavano aspettando sulla strada del ritorno a casa, perché avvertiti dall’allarme scattato nell’esercizio commerciale svaligiato. Andrea aveva 21 anni, come lei. Da quando il marito non c’è più, la sua vita è cambiata di colpo, in peggio. Vive con i suoi tre bambini tra questa casetta dove cucina quando può e una roulotte dove dormono tutti insieme.
 

Vicino a Valeria c’è Morena, la prima figlia, sei anni. “Sto preparando un caffè alla turca”, dice Valeria ai suoi ospiti. “Spero che vi piaccia, ma non ho altro da offrirvi, mi dispiace”.  Valeria ha il volto sereno. I capelli lunghi tirati all’indietro, color castano biondo, le restituiscono una bellezza sincera. E giovanissima. Ha solo vent’anni. Si è sposata che di anni ne aveva 14. “Porto a scuola i due bambini più grandi quando la macchina parte – racconta -  altrimenti restano a casa.   Poi vado a raccogliere ferro per la strada o per le campagne, lasciando Vanessa da una parente del campo. Non ho molte alternative – dice con rassegnazione la giovane mamma -  Dovrei andare a rubare, ma non posso. Se mi arrestano i miei figli dovrei lasciarli soli. Non voglio tutto questo. Vorrei uscire da questo degrado. Ma da sola non ce la faccio. Ho bisogno di aiuto”. Gli occhi le si fanno lucidi. Sta quasi per piangere, ma le lacrime non escono. “Cerco qualche abito per i miei bambini. Hanno freddo. Ho solo una stufa. Ma l’inverno è lungo. Vorrei lavorare, fare qualsiasi cosa che  possa aiutare me e i miei figli”. Si ferma Valeria, pensierosa. E poi aggiunge: “Ma chi vuoi che dà il lavoro ad una zingara? Eppure i mie figli sono nati qui. Io sto qui da più di sedici anni. Mio marito era nato qui”.
 
 
Le due ragazze dell’Opera Nomadi, Francesca e Laura che sono venute a farle visita, si sforzano di tranquillizzarla. “Vedrai, faremo domanda al Caf per farti avere una contributo dall’Inps. Forse rientri proprio nella casistica di quelli che hanno tre bambini piccoli. Sono 1200 euro in un anno.” Valeria guarda le due ragazze e scuote la testa. “Come faccio a vivere con tre bambini e con 1200 euro all’anno?” Ho bisogno di vestiario, cartelle e quaderni per la scuola. E, soprattutto, ho bisogno di far mangiare almeno i miei figli”. Quando la disperazione si sta impadronendo dei suoi pensieri, la piccola Vanessa fa capire a gesti che ha fame. “Aspetta un po’ – le dice Valeria -  adesso che se ne vanno i nostri amici ti faccio mangiare qualcosa”. Ma la verità è che non ha niente da far mangiare alla bambina. Deve andare a chiedere alla roulotte vicina se le donano un po’ di pastina e un dado. Solo così darà qualcosa di caldo da mangiare a Vanessa. “Il caffè alla turca è buono” dice Francesca, mentre lo sorseggia. Ma ha un sapore amaro di fronte a tanta povertà. E soprattutto di fronte ad una nuova richiesta di aiuto di Valeria: “Non si può fare una colletta per aiutarmi un po’?” “Vediamo se ci riusciamo” dice Laura. Con la testa abbassata vanno via le due ragazze dell’Opera Nomadi. Il loro volto esprime tutta l’angoscia e l’impotenza di fronte alle richieste di Valeria. Vanessa  è ancora in braccio alla mamma. Saluta anche lei con la manina. Poi, togliendosi di bocca il biberon, smozzica due parole: “Buon Natale”.

 

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